venerdì 29 giugno 2018

Pompei, riaffiora il cranio del fuggiasco




Ph: Facebook Parco archeologico di Pompei
Ritrovato il cranio del fuggiasco, la prima delle vittime emerse nel cantiere  della Regio V, di cui finora era stata rinvenuta solo una parte dello scheletro.
Nella prima fase dello scavo sembrava che la porzione superiore del torace e il cranio, non ancora identificati, fossero stati tranciati e trascinati verso il basso da un blocco di pietra che aveva travolto la vittima.  L’ ipotesi preliminare nasceva dall’osservazione della posizione del masso rispetto al vuoto del corpo impresso nella cinerite.
Il prosieguo delle indagini all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’Argento e il vicolo dei Balconi, laddove erano emersi i primi resti scheletrici, ha portato alla luce la parte superiore del corpo, ubicata a quote decisamente più basse rispetto agli arti inferiori.
La ragione di tale anomalia stratigrafica va ricercata nella presenza, al di sotto del piano di giacitura del corpo, di un cunicolo, presumibilmente di epoca borbonica, il cui cedimento ha portato al collasso e allo scivolamento di parte della stratigrafia superiore, ma non del blocco litico, ancora inserito nella stratigrafia originaria.
La morte non è stata quindi presumibilmente dovuta all’impatto del blocco litico, come ipotizzato in un primo momento, ma da probabile asfissia dovuta al flusso piroclastico.
I resti scheletrici individuati consistono nella parte superiore del torace, arti superiori , cranio e mandibola. Attualmente in corso di analisi, presentano alcune fratture la cui natura sarà verificata, in modo da poter ricostruire con maggiore accuratezza gli ultimi attimi di vita dell’uomo.
vivicentro.it

sabato 9 giugno 2018

Un volto biblico nella statuina di Tel Abel Beth Maacah?



ph: Facebook Archeology magazine
L’ultimo reperto portato alla luce dal lavoro congiunto tra l’Azusa Pacific University e l’Hebrew University di Gerusalemme a Tel Abel Beth Maacah nel nord di Israele è stato esposto nell’ultima settimana di Maggio al Museo israeliano di Gerusalemme.
Si tratta di una piccola testa in maiolica risalente alla Tarda Età del Ferro IIA (9 ° secolo a.C.), posta accanto alla famosa iscrizione “Casa di David” di Tel Dan.
L’antica città di Abel Beth Maacah, menzionata più volte nella Bibbia ebraica, continua a offrire interessanti scoperte. Nel mese di luglio del 2017, ad Abel Beth Maacah, Mullins e il suo team stavano scavando i resti di quella che potrebbe essere un’antica cittadella dai tempi dei re israeliti.
 Una stanza conteneva prove di attività metallurgica, in un’altra è stata ritrovata un modellino di una nave in stile fenicio.
Nella stanza più orientale, Mario Tobia, uno studente di ingegneria di Gerusalemme, ha rinvenuto la piccola testa posta sotto esame.
Robert Mullins,  capo archeologo di Abel Beth Maacah e presidente e professore del Dipartimento di Studi Biblici e Religiosi di Azusa Pacific , ne descrive le caratteristiche:
La testa misura 5,58 x 5.08 cm ed è finemente decorata in tutte le sue caratteristiche, tra cui le trecce nere lucide trattenute alla sommità del capo da una fascia dipinta in giallo e nero e una barba curata. Gli occhi a mandorla hanno le pupille dipinte di nero e la posizione delle labbra  gli donano un’espressione a tratti severa. Il volto in faience è colorato di verde chiaro, colore ottenuto dall’aggiunta di rame alla pasta di quarzo. Il suo stile elegante indica che l’uomo era un personaggio distinto, probabilmente un re. Da alcune analisi, la testa sembra essersi staccata dal corpo di una figurina alta 20-25 cm.
“Nonostante sia piccolo il reperto, ci offre un’opportunità unica di guardare negli occhi una persona famosa del passato; un passato consacrato nel Libro delle Ere “, ha dichiarato Mullins. “ La datazione al radiocarbonio del materiale organico trovato nello stesso edificio della scultura suggerisce che l’oggetto sia stato costruito a partire dal 902-806 a.C. In quel periodo,  i confini di tre diversi regni, Israele, Tiro e Aram – Damasco, erano molto vicini ad Abel Beth Maacah. E questi cambiarono spesso, diversi regni controllavano Abel Beth Maaca in tempi diversi. Non sappiamo se la statuina raffiguri personaggi come il re Acab di Israele, il re Hazael di Aram-Damasco o il re Ethbaal di Tiro, governanti conosciuto dalla Bibbia e da altre fonti. La testa rappresenta un enigma reale. “
I dettagli sulla testa di figurina e sulla sua scoperta sono stati recentemente presentati alla comunità archeologica israeliana al 44 ° Congresso Archeologico Annuale dell’Università Ben Gurion del Negev dal Dr. Naama Yahalom-Mack dell’Università Ebraica di Gerusalemme.
Articolo su vivicentro.it

martedì 5 giugno 2018

Ritrovato il Coccodrillo del Maschio Angioino?


Maschio Angioino: è il coccodrillo della leggenda?
Ph: Facebook
Molte leggende sono legate alla città di Napoli  e ai vari monumenti storici che sorgono nell'urbe, spicca fra questi il Castel Nuovo o Maschio Angioino.
Il Catello medievale, chiamato anche dagli Angiò “Castrum Novum”, cela diverse leggende, tra cui quella di un terribile coccodrillo del Nilo che divorava gli amanti della regina o i prigionieri del castello.
Circa quaranta giorni fa, i volontari della Galleria Borbonica hanno ritrovato durante gli scavi dei denti aguzzi e delle ossa, e hanno così subito fermato le operazioni di scavo. L'annuncio del ritrovamento è stato dato solo pochi giorni fa, dopo gli esami scrupolosi. La datazione è stata effettuata con il carbonio 14 dal Circe, Centro di ricerche isotopiche per i Beni Culturali e Ambientali dove il metodo della spettrometria di massa con acceleratore ha accertato che quelle ossa risalgono a un periodo compreso tra il 1643 e il 1666.
I reperti sono stati affidati al professor Raffaele Sardella del dipartimento di Scienze della terra della Sapienza, a Roma. Il professore, con l’aiuto Dawid Adam Iurino, ha rimesso assieme tutti i resti e ha eseguito studi molto accurati sulle caratteristiche dell’animale, giungendo così alla conclusione che: si tratta di un coccodrillo del Nilo, proprio come quello della leggenda, anche se il professore ci tiene a precisare che l’attribuzione della provenienza del coccodrillo è certa «solo» al 95 per cento.
Nel 2004 si trovò durante gli scavi i resti di un animale, si pensò subito che fosse il coccodrillo della leggenda, ma dopo accurati studi si arrivò alla conclusione che i resti rinvenuti fossero  di un cetaceo.
Oggi invece si è ormai certi che quest'ultima scoperta potrebbe essere riconducibile al mostro del Maschio Angioino.
Nei sotterrai del Castello sono presenti due prigioni: la “Prigione della congiura dei Baroni” e la “Fossa del Miglio” , inizialmente era usata come deposito del grano. Quest’ultima, con il passare del tempo fu usata per rinchiudere i prigionieri, denominata quindi successivamente “Fossa del Coccodrillo”; tra i nomi altisonanti il filosofo Tommaso Campanella fu prigioniero in questa fossa.
Benedetto Croce, nel suo “Storie e leggende napoletane” narra cosa avveniva nella "Fossa del Coccodrillo":
"[...]a un tratto si cominciò a notare con istupore che, di là, i prigionieri sparivano. Fuggivano? Come mai? Disposta una più stretta vigilanza allorché vi fu cacciato dentro un nuovo ospite, un giorno si vide, inatteso e terrifico spettacolo, da un buco celato della fossa introdursi un mostro, un coccodrillo, che con le fauci afferrava per le gambe il prigioniero, e se lo trascinava in mare per trangugiarlo”
Secondo la leggenda, il coccodrillo fu portato nella città partenopea dall'Egitto dalla regina  Giovanna II moglie di Giacomo di Borbone. Si racconta che la regina Giovanna II dasse in pasto i suoi amanti al coccodrillo tramite una botola.
Un'altra leggenda invece ricondurrebbe alla figura di  Ferrante d’Aragona, infatti il sovrano attrasse con un tranello  numerosi Baroni protagonisti d’una congiura ai suoi danni e li gettò in pasto al coccodrillo. Secondo Benedetto Croce fu  re Ferrante a decidere di uccidere il coccodrillo. Gli gettò in pasto una coscia di cavallo, morto soffocato, l’animale fu pescato, impagliato e appeso alla porta d’ingresso.
credit: vivicentro

Smirne: riaffiorano le ceneri dell'eruzione di Santorini


Ph: Twitter Daily Sabah
Nel cuore del quartiere di Bayraklı a Smirne, dove sono state individuate le tracce dell’antica città fondata 5000 anni fa,  sono state rinvenute tracce di una delle più grandi  eruzioni vulcaniche della storia umana. Smirne fu un’importante città portuale e un avamposto commerciale sulla costa del Mar Egeo con  ottime connessioni con l’entroterra.
Il team di archeologi guidati da Cumhur Tanrıver hanno individuato le ceneri dell’attività eruttiva  del vulcano di Santorini, che è nota come l’eruzione più importante in epoca minoica e la più grande esplosione vulcanica degli ultimi 10.000 anni.
Secondo il professor Cumhur Tanrıver,  le ceneri vulcaniche risalenti all’eruzione avvenuta 3600 anni fa, farebbero luce sulla storia di Izmir e sono già state consegnate al Dipartimento di geografia di Ege University per essere sottoposte ai vari studi.
Tanriver ha dichiarato che l’esplosione vulcanica di Santorini provocò enormi tsunami in tutto l’Egeo, causando il collasso della civiltà minoica a Creta.
Le ceneri potrebbero chiarire cosa successe dopo l’eruzione a Smirne e  come influenzò la popolazione locale divenendo così un un punto di paragone grazie al quale  gli studiosi saranno in grado  di classificare cronologicamente alcuni eventi avvenuti nell’antica città per i quali non è possibile stabilire una data, ha continuato il professore.
Durante gli scavi è stata rinvenuta anche un’abitazione greca, questa permetterebbe agli studiosi di capire come la popolazione stesse costruendo case in quel momento e come era  pianificata la città.
Lo scavo nell’antica Smirne era stato avviato intorno al 2007 e anno dopo anno importanti informazioni sono state riportate alla luce. Attualmente alla missione collaborano circa 100 persone, tra accademici ed esperti turchi e stranieri

venerdì 1 giugno 2018

Il "fuggiasco di Pompei" portava con se la cosa più preziosa che con cui poteva scappare


Pompei stupisce ancora
UN SACCHETTO CON 20 MONETE DI ARGENTO e BRONZO, STRETTO AL PETTO. COSÌ SCAPPAVA IL FUGGIASCO DI POMPEI
Ph: Facebook Parco Archeologico di Pompei
Lo scheletro recentemente rinvenuto nella Regio V durante gli scavi presso il sito di Pompei, oltre a sbalordire il modo del decesso,  un masso in testa che tranciandogli il capo e separandolo dalla torace pose fine alla sua vita; crea interesse sul bene che portava con se durante la fuga.
Insieme al corpo sono state rinvenute 20 monete d’argento e 2 in bronzo contenute in una piccola sacca che l’uomo teneva stretto al petto.
Forse doveva essere l’unico bene prezioso a portata di mano che poteva portare facilmente con sé, qualcosa che lo avrebbe aiutato nel sostentamento dei giorni futuri.
Durante l’attento scavo dello scheletro, dapprima sono emerse tre monete tra le costole, mano a mano che le ossa sono state spostate per poi essere studiate presso il Laboratorio di ricerche applicate del Parco archeologico di Pompei, sono  emerse dal terreno le altre monete. 
Poco è rimasto della piccola borsetta, anche essa sarà posta alle analisi per stabilire con certezza il materiale di cui era composta. Il tessuto o la pelle del sacchetto potrebbe dare piccole informazioni per ipotizzare il  rango a cui apparteneva l’individuo.
Facendo un piccolo calcolo, in base alle monete potrebbero trattarsi di 80 sesterzi e mezzo, queste monete potevano garantire il sostentamento di una famiglia di tre persone per 14/16 giorni. Inoltre si è potuto dichiarare che le monete appartengono ad un arco cronologico molto vario.
Ad un primo esame, 15 monete apparterrebbero all’epoca Repubblicana, quindi dalla metà del II a.C., una delle più tarde, è un denario legionario di Marco Antonio, molto diffusa a Pompei, con la scritta collegabile alla XXI Legio.
Poche monete di epoca imperiale invece sono state individuate ed apparterrebbero secondo le prime analisi  ai denari forgiati da Ottaviano Augusto oltre che a due denari di Vespasiano.

Scoperta a Cuma una tomba del II a.C. con pitture parietali raffigurante un banchetto

Un banchetto per l’eternità sulle pareti della tomba del II a.C. scoperta a Cuma Campi Flegrei scoperta Tomba del II a.C a Cuma. Ph: fa...