lunedì 25 gennaio 2010

L'amato Fido, il cane nell'antichità

Aisha è nata circa 2 mesi fa è stata abbandonata perché non era di razza o perché per lei e i suoi fratelli in quella casa non c’era più posto e amore. Gli occhi dolci di questa piccola cagnolina hanno ammaliato tutti in famiglia quando l’abbiamo vista sola e indifesa in mezzo al nulla e malgrado avessimo già una cagnolina da quasi 9 anni, abbiamo deciso di dare una vita serena anche a lei. Questo è il settimo giorno che vive in casa mia e malgrado il trauma dell’abbandono, della fame, del distacco con la madre, dopo tre ore di incessanti attenzioni ha aperto il cuore a noi, la nuova famiglia.
Il cane è sempre stato un compagno fedele nella storia dell’uomo, ma la crudeltà di chi sta in vetta alla catena alimentare (uomo) spesso è più forte dell’amore, malgrado ciò l’amato fido continua a provare per lui affetto.
Già gli antichi egizi avevano scoperto la grande fedeltà di questi animali e prima di loro anche gli uomini di Neanderthal. Alcuni studi farebbero risalire l’addomesticamento dei lupi già 31.000 anni fa.
Un ritrovamento molto curioso avvenne molto tempo fa presso la cultura natufiana, risalente a 12.000 anni fa ( cultura mesolitica - periodo intermedio dell'Età della pietra – diffusa nelle coste orientali che si affacciavano sul Mediterraneo). Nella singolare sepoltura fu trovato uno scheletro di un uomo anziano che accarezzava con la mano sinistra un giovane cane, questa sepoltura testimonia come il rapporto tra uomo e cane in tempi passati era molto forte.
Il cane per la sua fedeltà e la sua grande propensione alla protezione del proprio padrone, è stato considerato sin da tempi remoti come un animale da guardia, infatti gli antichi indiani Lacandones, abitanti del Guatemala, nelle sepolture usavano disporre ai quattro angoli della tomba quattro cani di foglie di palma, per proteggere il defunto durante la sua vita ultraterrena ( pratica ancora usata presso questa popolazione).
Un caso molto particolare di testimonianza di cani in siti archeologici mi è successo l’anno scorso, stavamo facendo un rilievo di una porta bizantina costruita sopra un’altra porta greca. Portai l’attenzione dei miei colleghi nella parte interna dell’uscio dove vi era un foro molto particolare, mi chiesi cosa potesse essere, alla fine (grazie all’aiuto del mio prof.) arrivammo ad una conclusione, in quel foro veniva legata la corda che teneva al guinzaglio il cane domestico usato come guardia per quell’abitazione. Ai miei occhi fu una scoperta molto particolare perché per la prima volta ho avuto la possibilità di vedere e “toccare con mano” il rapporto che un antico uomo poteva avere con altri esseri viventi.
Un reperto molto particolare desta lo stupore di molti archeologi, si tratta di una statuetta raffigurante un egizio e un cane con le bocche ravvicinate. Secondo alcuni studiosi, questa statuetta rappresenterebbe lo stretto rapporto tra uomo egizio e cane e raffigurerebbe lo svezzamento di un cucciolo. L’uomo egizio raffigurato si appresterebbe a imboccare il cibo al cucciolo con la sua stessa bocca. Forse gli antichi egizi avevano studiato il comportamento dei cani e avevano visto nel gesto tra madre e cucciolo un modo per instaurare un rapporto forte e consolidato.
Ma a chi toccava il compito di svezzare il cane o chi attuava tale pratica di diretto contatto con la bocca del cane? Sicuramente non i nobili, infatti la statuetta ritrae un uomo comune (operaio?) che avvicina la sua bocca a quella del cane.
Pensandoci un po’ si potrebbero avanzare alcune ipotesi, prima fra tutti l’esistenza di un centro di addestramento canile già presso gli egizi, ma nel momento in cui questa idea mi è balenata in testa, non ho trovato riscontri archeologici che potrebbero affermare tale mia teoria ( fino ad ora e con i testi in mio possesso).

Il passato spesso può aiutarci a migliorare e a capire che il rispetto non deve avvenire fra uomo e uomo ( spesso non esiste pure in questo caso) ma anche con gli altri esseri viventi. Un uomo può cavarsela da solo, ma un piccolo cucciolo nato in una casa, poche volte riesce a sopravvivere senza il nostro affetto. Prima di abbandonare qualsiasi animaletto, guardiamolo negli occhi, in lui ci sarà il riflesso della nostra immagine e l’amore che solo lui potrà donarci.
Abbiamo un cervello, pensiamo prima di fare alcune azioni!


(foto: flabello di tutankhamon raffigurante il sovrano sul carro da caccia e i cani come compagni)

venerdì 15 gennaio 2010

Ma che fine ha fatto la nave che trasportava i Bronzi di Riace?

Oggi riflettevo sul passere del tempo e di come immancabilmente le mie materie universitarie si stiano accorciando (per fortuna) per arrivare spero presto alla mia meta. Sulla scrivania i libri vengono sostituiti come le nuvole cambiano nel cielo in una giornata uggiosa e carica di vento. Fra le tante materie sostenute in commissione d’esame alcune sono rimaste nel mio cuore, una fra queste è archeologia subacquea e navale. Fra gli argomenti trattati: la composizione di una nave, il trasporto di marmi e merce artistica, le anfore, le ancore, la costruzione dei porti e navi, la vita di bordo,etc; due mi sono rimasti impressi, l’Antikitera, di cui ve ne parlerò in un altro post e la nave che trasportava i Bronzi di Riace.
Era una domanda che mi ero sempre posta: “Ma fine ha fatto la nave che trasportava i due bronzi?”, non avevo mai trovato risposta, studiare questa materia mi ha permesso di stilare delle teorie almeno in parte plausibili.
La Calabria è famosa per i suoi due bronzi, tutti conoscono i loro volti, ma pochi si chiedono dove sia la nave che li ha trasportati, spesso si da per scontato che il loro luogo di origine sia lì, in fondo al mare.
Quando i due bronzi furono ritrovati ciò che attrasse gli archeologi navali e subacquei, oltre alla bellezza dei due reperti, fu la possibilità di studiare un nuovo relitto e gettare luce sui metodi di costruzione delle navi e sulla loro composizione. Il fondale marino fu battuto per lungo e largo, ma della nave nessuna traccia.
Ciò che per me è davvero strano è che insieme ai bronzi non siano stati trovati nessun altro tipo di manufatti: né cocci, né anfore o ancore. Questo mi porta ad alcune soluzioni.
La prima che la nave e il suo equipaggio si sia salvata. Durante una tempesta la nave carica di diversi cimeli abbia rischiato di affondare, così l’equipaggio decise di alleggerire l’imbarcazione gettando fuori bordo il materiale più pesante, i due bronzi. In caso di possibile naufragio infatti, gli antichi romani e greci catapultavano fuori dalla nave gli elementi più pesanti, le ultime cose gettate erano poi le provviste e se era necessario anche l’acqua, questo però se la costa era molto vicina.
Un’altra teoria potrebbe essere che la nave, dopo essersi alleggerita del grande carico, convinta di essere ormai in salvo sia poi naufragata lontano dai due manufatti, ma non è stata trovata nessuna nave nelle vicinanze o in acque più lontane che seguiva la stessa rotta.
Un’ultima possibile teoria vedrebbe la nave naufragata nei dintorni, ma non è stata trovata perché non vista oppure sia stata distrutta dalle reti dei pescatori che hanno trascinato per diversi km la nave e i suoi resti, ma questa teoria è poco plausibile, perché pensandoci bene, malgrado il legno sia degradabile alcuni suppellettili per la vita di bordo non lo sono e fino ad oggi non è stato trovato nulla.
Analizzando la “scena del rilascio” dei due bronzi l’unica soluzione veritiera sembra essere la prima.
La nave sicuramente trasportava oggetti d’arte e d’antiquariato, questa ipotesi ci viene fornita dai due stessi bronzi, infatti ai piedi delle due statue sono presenti due tenoni uno per ciascun piede, questo indicherebbe che i due manufatti erano già esposti in un tempio o in una costruzione pubblica in Grecia ( si suppone - tutt’oggi non è stato trovato nessuna costruzione in cui i tenoni presenti nelle statue possano inserirsi). L’impero Romano era rimasto ammaliato sin dall’inizio dall’arte greca. I ricchi cercavano in tutti i modi di accaparrarsi un oggetto d’arte di epoca ellenistica per abbellire le proprie ville provocando la perdita di identità delle città greche. Un evento simile successe anche in Sicilia, quando Gaio Licinio Verre (propretore della Sicilia dal 73 a.C. al 71 a.C.) depredò le città d’arte per riempire i suoi possedimenti.
Quando da bambina immaginavo un relitto, l’ho sempre idealizzato integro, poggiato su di un lato come è tipico vederlo nel famoso cartone animato della Disney “la Sirenetta” o in qualsiasi altro film cinematografico. Ciò che invece ho imparato era l’esatto contrario di ciò che la mia fervida immaginazione aveva elaborato per tanti anni. Della nave spesso e volentieri non rimane granché, l’unica parte che può salvarsi ( a volte può anche essere distrutta dalle correnti) dai fluenti moti del mare è la chiglia ( trave longitudinale che percorre l’imbarcazione da poppa a prua, sulle facce laterali ha delle scanalature dove vengono poi inserite le tavole del fasciame) per la mole del tronco e a volte anche lo scafo, se le anfore che trasportava la nave sono rimaste intatte in modo da proteggere il legno dello scafo.
Spesso in questa materia affascinante, chiamata archeologia, si da tutto per scontato, ma scavando un po’ più affondo, scostando lievemente la sabbia con un debole soffio, si possono scorgere verità immaginabili e seducenti.


(foto:l' immagine ( presa su questo sito) mostra ciò che rimane di una nave affondata, alcune parti però sembrano essere state ricostuite. Avrei voluto inserire delle immagini di un ritrovamento subacqueo, ma essendo inedite non mi è permesso postarle.)

mercoledì 13 gennaio 2010

Un pensiero alle vittime del terremoto avvenuto nell'isola di Haiti

Rivolgo il mio pensiero alle vittime del terremoto avvenuto ad Haiti, a quelle persone che soffrono per aver perso una mamma, un papà, una nonna un familiare. Nessuna parola potrà riempire il vostro vuoto, il mio cuore è lì con voi, colmo di dolore e rassegnazione.

lunedì 11 gennaio 2010

La Cucina nell'Impero Mongolo

Il sole è fuggito dal cielo, forse anche lui è stato intimorito dal freddo di queste ultime giornate. Sono giorni in cui il naso viene messo fuori dalla porta solo per occasioni speciali e irrinunciabili, questo mi ha permesso di approfondire i miei studi. Qualche tempo fa discutevo con alcuni colleghi sul mondo culinario orientale nell’antichità, in particolare dell’area mongola.
La collocazione storica è da destinare dopo la morte di Gengis Khan, quando l’impero mongolo vantava la sua grande estensione e l’inevitabile contaminazione culinaria proveniente dalla Cina e dal Medio Oriente.
La cucina mongola antica è caratterizzata dalla povertà degli ingredienti e dal gusto selvaggio delle pietanze, questo è dovuto al fatto che gli ingredienti inseriti per elaborare alcuni piatti provenivano dall’allevamento o dalla caccia, poco veniva inserito dai prodotti raccolti dall’agricoltura ( teniamo presente che i mongoli erano un popolo nomade e sia il loro stile di vita sia il clima e le terre non permettevano una fluente agricoltura). La cucina mongola basava tutto sul latte, yogurt e carne bollita.
Dal XII-XIII secolo, dopo le conquiste di Gengis Khan, la cucina mongola poté usufruire delle contaminazioni dei popoli conquistati per ampliare il proprio bagaglio culinario e renderlo più saporito e gustoso.
La cucina mongola è da considerare fra i primi esempi di alimentazione curativa, rivolta al benessere psicofisico, questo viene dimostrato dal manuale dietologico che il medico Hu Szu-hui pubblicò nel 1330 per il bisnipote di Kublai Khan nipote di Gengis Khan, Wenzong. Il manoscritto dal titolo “ Informazioni opportune ed essenziali per i cibi e le bevande dell’imperatore”, contiene più di 200 ricette elaborate per il benessere fisico dell’imperatore. Le ricette contenute sono cariche di spezie ed erbe provenienti dai Paesi limitrofi, all’interno vi sono ricette bizzarre come il lupo arrostito al curry, ma anche deliziose ricette di facile preparazione.
Sono riuscita ad avere una ricetta contenuta all’interno del manoscritto di Hu Szu-hui, ma è adattata ai nostri tempi, credo che oltre al tipo di cottura e altri piccoli particolari non si differenzia molto dal piatto originale. La ricetta non ricordo da dove proviene, è fra i miei appunti da molto tempo. Questo non è un blog di cucina, ma credo che sia carino dividere con voi la preparazione di questa pietanza.

Melanzane ripiene
Ingrediente per 4 persone:
- 2 melanzane
- 50 g di burro ( la ricetta originale prevedeva grasso di pecora)
- 1 cipolla a dadini
- 2 cucchiai di buccia d’arancia essiccata
- 200 g di yogurt intero
- 2-3 spicchi di aglio tritato
- 300 g di carne di agnello macinata
- Basilico, sale e pepe.

Preparazione:
il giorno prima preparare la salsa allo yogurt, mescolandolo con aglio e basilico tritato. Tagliate le melanzane a metà, percorrendo con il coltello la loro lunghezza, svuotatele e tagliate a piccoli dadini la polpa. Soffriggete la cipolla tagliata a dadini nel burro e aggiungete la carne lasciandola rosolare bene in modo da perdere il suo colore rosa e risulti cotta al suo interno, unite la polpa di melanzane, la buccia d’arancia,sale e pepe. Fate cuocere per altri 2-3 minuti, successivamente riempite le melanzane e cuocetele al vapore per 6-8 minuti finché non risulti cotta. Servite con la salsa di yogurt fredda.

津津有味 Buon appetito


(foto: rappresentazione dell'imperatore Wenzong - la dicitura 津津有味 è in lingua cinese - dizionario cinese)

sabato 9 gennaio 2010

Ritrovata la tomba del signore della guerra cinese: Cao Cao

Oggi la giornata è un po’ fredda, la frescura che si doveva aspettare per natale è giunta solo adesso. La luna è ancora sorridente sul cielo mattutino malgrado sia già mezzogiorno. Facendo un po’ di ordine nella mia scrivania ho ritrovato un talloncino del cinema. Il 23 novembre del 2009 nelle sale cinematografiche italiane è uscito il film dal titolo “la battaglia dei tre regni”, un film cinese. La trama è semplice e lineare, riporta lo spettatore nel 208 quando il consigliere Cao Cao convinse l’imperatore che per unificare il regno era necessario sottomettere i tre regni confinanti. Chi ha visto il film sa bene l’andamento della trama, ma forse pochi sanno che dopo poco più di un mese è stata resa nota la notizia della scoperta della tomba del signore della guerra, di Cao Cao. L’annuncio è stato effettuato alla fine del mese di dicembre del 2009 , la scoperta è avvenuta nelle terre della provincia di Henan, nei pressi di Anyang.
Cao Cao visse intorno al 155-120 d.C. ed è una figura storica di grande rilievo nella Cina odierna. Cao Cao fu un grande poeta e generale, ma riuscì anche ad essere un grande capo e cercò di unire sotto il suo potere l’intero territorio cinese. Poi però la figura dell’imperatore cadde nelle mani dei romanzieri e fu descritto come un terribile tiranno avido di potere e di terre.
La tomba ritrovata contiene tre corpi e numerosi manufatti. Gli archeologi, scopritori della tomba, sono convinti che il tumulo custodisca i resti di Cao Cao per alcuni semplici motivi:
  • la tomba si trova nei pressi dell’ex capitale dei Wei, che Cao Cao aveva fondato e governato.
  • La tomba fu costruita senza dubbio per un re, infatti la scala che conduce alla tomba corrisponde allo stile reale del periodo di Cao Cao.
  • Numerosi manufatti, contenuti all’interno della tomba, indicano che appartenevano al re dei Wei e soprattutto un cuscino in pietra riporta la dicitura di re dei Wei.
  • Uno dei corpi ritrovati è maschile e morì intorno ai 60 anni, proprio come testimoniano alcune fonti sulla morte di Cao Cao che avvenne nel suo sessantacinquesimo anno di vita.
La tomba misura 740 , con un corridoio di circa 40 m che giunge alla camera sepolcrale. Oltre al corpo maschile sono stati trovati altri due corpi femminili, uno di circa 50 anni e l’altro di circa 20 anni. Il corpo più anziano apparterebbe alla moglie, il secondo ad una serva della moglie o a una concubina dello stesso Cao Cao.
Quando la tomba fu trovata non destò le grandi curiosità delle autorità, solo dopo il saccheggio della tomba, il ritrovamento ha avuto l’importanza che gli spettava di diritto. Anche se la tomba ha subito un saccheggio, i manufatti raccolti sono in numero superiore ai 250, il materiale che li compone è molto pregiato: oro, argento, giada, elementi riconducibile solo ad un sovrano.
Cao Cao è stato rappresentato come un tiranno nei romanzi cinesi e nel film da poco uscito nelle sale italiane, ma fu solo un uomo dal forte carattere con un unico sogno, unificare la sua terra.

(foto: riproduzione dell'immagine di Cao Cao contenuta nei romanzi cinesi)

martedì 5 gennaio 2010

Scoperta la più grande tomba a Saqqara

Eccomi qui, reduce dalle feste natalizie, un nuovo anno è appena iniziato e ciò dimostra che il tempo non può essere fermato a nostro piacimento.
Il mio primo articolo di quest’anno parla di due ritrovamenti molto importanti scoperti nella necropoli di Saqqara, due tombe egizie. Ciò che rende sbalorditiva questa scoperta è che una delle due tombe è la più grande mai trovata fino ad oggi sul sito egiziano. Le due sepolture furono costruite durante la XVI dinastia e saccheggiate probabilmente in epoca romana, malgrado ciò all’interno delle tombe sono stati rinvenuti: monili, scheletri, aquile mummificate e ceramiche di grande rilievo. I due sepolcri hanno una composizione ben differente mentre la tomba più grande fu costruita con roccia calcarea, la seconda fu edificata con mattoni di fango.
La tomba calcarea fu scavata nella roccia, da qui riuscirono a ricavare un lungo corridoio dalla quale si ramificavano altri piccoli cunicoli e camere funerarie. Una di queste camere ha destato la curiosità degli archeologi infatti questa, ha portato il team di archeologi alla scoperta di una seconda camera piena di bare, scheletri e pentole.
Non mi stupisce che dalle viscere della terra di Saqqara spuntino ancora tombe inesplorate e non infatti, Saqqara fu una delle necropoli più importanti dell’antichità. Non è un caso se Saqqara è stata denominata la città dei morti, proprio su questa terra sorge il grande Complesso di Djoser o come mi ha insegnato a chiamarlo il mio professore di egittologia, Zoser il fautore della famosa piramide a gradoni.
Quando ho letto la notizia ciò che mi ha incuriosito molto è stato il ritrovamento delle aquile mummificate, avevo sentito notizie su falchi mummificati ma non su questi altri rapaci.
Una volta lessi che la terra Egiziana aveva ridato all’uomo ormai tutto ciò che era sepolto all’interno del suo cuore, ma quest’ulteriore scoperta testimonia che il lavoro di un archeologo è ancora lungo e arduo, forse un giorno riuscirà a ritrovare tutti i segreti del passato, ma spero con tutto il cuore che questo non avverrà mai altrimenti porremmo la parola fine all’archeologia.


(foto: l'immagine presenta una cartina del delta e un piccolo tratto del fiume Nilo, in evidenza dentro un ellisse è posta l'ubicazione di Saqqara)

Scoperta a Cuma una tomba del II a.C. con pitture parietali raffigurante un banchetto

Un banchetto per l’eternità sulle pareti della tomba del II a.C. scoperta a Cuma Campi Flegrei scoperta Tomba del II a.C a Cuma. Ph: fa...