sabato 26 dicembre 2009

Le origini delle tradizioni natalizie - Auguri

Questo è il periodo dell’anno che preferisco di più, ormai questa festività è diventata pura festa commerciale, abbiamo dimenticato in un cassetto della nostra mente il vero senso del natale, la bontà dell’animo. Il 25 di dicembre sia per cristiani che non rappresenta il giorno in cui un essere umano diventa un po’ più buono, dove l’animo si intenerisce, dove i corpi si avvicinano per volersi bene in un unico abbraccio.
La tradizione natalizia viene sempre rispettata, un cenone, un albero di natale, etc, ma da dove provengono queste tradizioni?

L’usanza di addobbare l’ albero è antica quasi quanto l’uomo, gli antichi egizi, durante il solstizio di inverno, abbellivano la loro dimora con l’albero di datteri. Questo tipo di alberi ha la peculiarità di avere le proprie foglie verdi in ogni periodo dell’anno e questo ricordava agli antichi egizi che anche se l’inverno fosse stato duro e avesse dato scarsi raccolti, la primavera presto sarebbe arrivata rigogliosa con il suo raccolto. Durante il dominio romano l’usanza egizia si diffuse in tutto il regno europeo, le palme furono sostituite da abeti e da altri alberi autoctoni sui quali furono accese delle candele in onore di Saturno dio dell’agricoltura e della giustizia. Dal nord Italia l’uso dell’albero con le luci si diffuse in Scandinavia e in Germania durante il medioevo.
Quando il natale arriva è inevitabile e impossibile limitare il ronzio di musica natalizia che viaggia leggero all’interno della nostra testa e senza saperlo intoniamo un piccolo motivetto natalizio durante le nostre giornate. Ma l’uso delle canzoni natalizie da dove proviene?
Il canto natalizio proviene da un’usanza pagana, fu intonato durante la festa delle stelle, festeggiata con canti e danze nei grandi siti in pietra europei ( alcuni pensano che anche Stonehenge sia stato costruito per questo scopo)
Anche il canto fu intonato durante il solstizio d’inverno, l’uso di cantare per ogni stagione era comune presso gli antichi popoli, ma i cristiani ne fecero prerogativa dell’inverno proprio per celebrare erroneamente la nascita di Cristo. Il primo canto di natale viene fatto risalire all’antica Roma nel 129 d.C. circa, il vescovo di Roma decretò che la canzone intitolata “l’inno dell’angelo” sarebbe stata la canzone ufficiale del Natale. Dopo poche centinaia di anni un greco ortodosso di nome Cosma di Gerusalemme scrisse successivamente un altro celebre inno. Presto si diffuse nell’intera Europa l’uso di cantare con questi inni durante la festa di natale.
Altra figura importante immancabile nella notte di natale è Babbo Natale. Secondo alcune leggende metropolitane l’abito rosso di Babbo, sarebbe da attribuire ad un noto marchio di una bevanda alquanto zuccherina e frizzantina, ma la sua origine affonda le radici in tempi più lontani.
Il primo “Babbo Natele” fu Nicola vescovo di Myra, antica città greca della Turchia durante il IV secolo d.C., in tutto il mondo cristiano è conosciuto anche come il Nicola Taumaturgo per il gran numero di miracoli che avrebbe compiuto. Babbo natale è un uomo che lascia ai buoni grandi doni, questa prassi proviene proprio dall’usanza di S. Nicola di lasciare delle monete a chiaveva lasciato a lui dei panni. Nella tradizione europea cattolica i poveri iniziarono a lasciare le proprie calzature in chiesa durante la notte per avere in dono del denaro. In verità erano i ricchi mecenati a lasciare qualche moneta per beatificarsi agli occhi di S. Nicola.
Sleipnir il cavallo a otto zampe di Odino avrebbe poi ispirato l’immaginario comune nell’attribuire a Babbo Natale le sue renne, proprio questo cavallo era in grado di percorrere grandi distanze in pochissimo tempo. Durante il medioevo era uso comune fra i bimbi lasciare del cibo per il cavallo del dio, questa è un’usanza ancora oggi rispettata.
Il nome di Babbo Natale è arrivato solo nel IX secolo dall’evoluzione dal nome olandese di Sinterklas. Il nome fu cambiato, ma il personaggio mantenne le vesti color rosso del suo antenato. Alcuni studiosi pensano che le vesti del paffuto uomo siano da attribuire ad un miscuglio tra S. Nicola e il dio del Malgoverno di nome Norman, vestito di rosso.
Pensando al Natale, davanti ai miei occhi si apre uno scenario caldo, un bel camino con del fuoco scoppiettante al suo interno. L’uso del camino acceso è da attribuire alle feste pagane in onore di Yule durante il solstizio d’inverno. Ma quest’uso di accendere il fuoco, durante il solstizio d’inverno ( oggigiorno si accende per tutto il periodo invernale), proviene dalle antiche città sumeriche ed Egizie. Gli Egizi credevano che il solstizio d’inverno segnava la morte e la rinascita del dio Horus, dio del cielo e del sole. Il fuoco veniva acceso per 12 giorni per celebrare la morte e la rinascita del dio. Un evento simile avveniva nelle città della Mesopotamia durante la festa invernale di Zagmuk . In seguito, la cerimonia del fuoco divenne un elemento caratteristico della festa romana dei saturnalia, durante la celebrazione della forza di Mitra ( il mitraismo ha molti aspetti in comune con il cristianesimo e con la stessa figura di Cristo). Per i sassoni il fuoco acceso era la vittoria della luce sulle tenebre, quindi la vittoria del bene sul male e le ceneri venivano utilizzati durante l’anno perché si riteneva che avessero poteri magici. I cristiani rimanendo fedeli alla linea, tramutarono il simbolo del fuoco acceso in un simbolo di luce che avrebbe portato Cristo alla vittoria contro il mondo delle tenebre.
Proprio oggi ricordo di non aver mandato una cartolina ad alcuni amici lontani, ma per mia fortuna esiste il telefono. Ma l’uso di spedire cartoline natalizie entrò a far parte della tradizione nel XV secolo, grazie ai tedeschi. Ma come sempre le loro origini sono da ricercare in tempi più remoti, fino a soffermarsi nella civiltà egizia, infatti era loro uso mandare i propri saluti attraverso dei papiri riccamente decorati.
I fuochi d’artificio entrati ormai nel mirino delle forze dell’ordine, esplosi durante l’anno nuovo, non sono da attribuire ai cinesi come molti potrebbero aspettarsi, ma ad un londinese -1847.
Un elemento natalizio che mi affascina molto è il vischio. L’uso di baciarsi sotto il vischio si deve ai druidi che intravidero in quest’erba grandi potenzialità magiche, oltre ad essere un ottimo antidoto per i veleni, donava a chi lo ingeriva virilità. Ma la tradizione del bacio sotto il vischio ci viene regalata dagli antichi greci che consideravano questa pratica propiziatoria per avere una vita coniugale felice, infatti il vischio veniva utilizzato largamente nelle cerimonie matrimoniali. Gli antichi sassoni furono più furbi arrivavano a strappare un bacio tutte le volte che riuscivano a prendere una bacca con la bocca quando il vischio era sospeso per aria, quando le bacche terminavano anche il gioco amoroso giungeva al termine.
I regali natalizi, che rendono nervosi i pochi fantasiosi in questo campo, è un uso attestato dagli archeologi almeno 70.000 anni fa, le diverse tribù primitive in segno di stima donavano ai popoli confinanti ricchi regali in modo da mantenere un rapporto pacifico e sereno. Alle divinità o agli spiriti venivano fatti grandi doni durante l’inverno per assicurarsi il passaggio fulmineo di questa fredda stagione. Anche nel cristianesimo, leggendo la sua storia troviamo un evento dove protagonisti sono i doni, è durante la nascita di Gesù che i doni appaiono portati dai re magi.
L’uso di gettare i regali dal camino di Babbo Natale potrebbe derivare dalle popolazione germaniche, questi gettavano i doni su un focolare per sacrificarli agli dei.
In questi giorni siamo affaccendati nella preparazione di grandi cenoni, quest’usanza proviene dal popolo mesopotamico e dalla la festa di Zagmuk per augurare un prossimo raccolto prospicuo e veniva celebrata proprio in questi giorni. Nell’antico Egitto era un modo per venerare il dio del sole e per gli antichi romani per celebrare i Saturnali. Pensando al natale è inevitabile che l’immagine dei calzini appesi sul camino appaia nella mia mente, non si hanno notizie certe su questa tradizione, ma secondo una leggenda è da attribuire a S. Nicola. La leggenda narra che un padre rimase solo con le sue tre figlie, il povero uomo si indebitò e non riuscì a dare una dote cospicua alle sue figlie, il santo vedendo le disgrazie dell’uomo e sapendo che sarebbe stato troppo orgoglioso per accettare un suo aiuto gettò dal camino il denaro che finì nelle calze. Che sia vera o no questa storia, potrebbe anche spiegare in parte il perché babbo natale scende giù dai camini per depositare nelle case assonnate i propri regali.
L’usanza di costruire il presepe immancabile in tutte le case cristiane, al tal punto che è ormai divenuto una forma d’arte eccelsa, è dovuta a San Francesco d’Assisi nel lontano 1223.

Non importa se siamo cristiani, ebrei, atei, buddisti, il natale è per me il girono della bontà, il giorno in cui il povero si siede con il ricco. Chissà se l’uomo riuscirà un giorno ad avere il natale nel suo cuore per ogni giorno dell’anno.

Grazie per aver letto il mio blog in questi mesi, vi auguro un anno dove il sorriso sia padrone, dove la gioia sia il cibo esaudito del vostro cuore.
Auguri
Aria

venerdì 18 dicembre 2009

Scoperta una nuova civiltà sommersa nel Mare dei Caraibi, nuovo quesito del passato!

Un ulteriore scoperta getta ancora più mistero nel mondo dell’archeologia, alcuni ricercatori hanno annunciato la scoperta di un’antica città sommersa dalle acque del Mare dei Caraibi.
L’agglomerato sembra appartenere ad un’epoca antecedente ai monumenti (piramidi) della piana di Giza.
Alcuni studiosi collocavano proprio in queste acque la famosa isola di Atlantide, ma malgrado la città sembra essere stata costruita con una tecnologia avanzata (per l’epoca a cui apparterrebbe) il suo scopritore ribadisce la sua non connessione con la famosa isola narrate nelle pagine di Platone (Atlantide). Le immagini satellitari sembrano mostrare una piattaforma sulla quale si ergono edifici ormai in rovina e una costruzione piramidale.
Tra le macerie di un edificio ormai collassato su se stesso, sono state rinvenute delle travi da costruzione.
Sulla vera identità della nuova civiltà si possono fare infinite ipotesi, ma si può affermare con certezza che si tratta di una delle tante civiltà sviluppatasi in quell’area con un sistema di costruzione avanzato, una città costiera, che basava la sua economia su scambi marittimi che avrebbe potuto portarla ad avere qualche scambio con le civiltà del mediterraneo.
Gli studiosi hanno ipotizzato diverse teorie sul perché la città adesso sia sommersa, queste saranno rese pubbliche solo dopo un ulteriore ed accurata ricerca sul campo.
Ancora una volta il passato si riappropria del presente dell’uomo, con sorriso beffardo lo sfida a cercare una risposta ad un ulteriore quesito postogli. L’uomo, riuscirà a districare la matassa?


(immagine ripresa da google indicherebbe la posizione del sito)

martedì 15 dicembre 2009

I Megaliti di Argimusco, Stonehenge in Sicilia?

Spesso per osservare un giacimento archeologico di grande importanza e carico di fascino sibillino non occorre recarsi molto lontano da casa, l’Italia possiede dei manufatti, monumenti, necropoli, etc , che sono al pari e a volte superano il valore di molti siti archeologici sparsi per il mondo. Un particolare sito carico di fascino comprende in se i poco conosciuti Megaliti dell’Argimusco, un luogo poco distante da Montalbano Elicona (Me). Il giacimento si presenta agli occhi dello spettatore come un complesso megalitico che potrebbe essere paragonato allo Stonehenge inglese. I monoliti presenti sul territorio siciliano hanno forme particolari: aquila, donna in preghiera, volto maschile. La forma di queste pietre unita alla loro composizione in roccia calcarea ha fatto pensare a molti studiosi che si trattasse di semplice rocce erose dal tempo, ma a quanto pare il giacimento è orientato secondo gli equinozi e i solstizi. Se il sito fosse di origine umana sarebbe sorto durante il neolitico, stessa epoca in cui fu costruito il sito di Stonehenge. È innegabile che i megaliti siciliani abbiano funzione di calendario astronomico come il sito inglese, malgrado alcuni dubitano sulla veridicità del sito.
Il luogo in cui sorgono i megaliti sembra essere allineato con particolari monti primo fra questi con il vulcano Etna. Per gli studiosi si tratta di una collocazione sacra.
I monoliti sono due menhir, cioè dei megaliti monoliti ( un'unica pietra eretta singola o a gruppo da non confondere con i dolmen dei polilitici – due monoliti verticali e un monolite orizzontale- e spesso formano un portale), uno dalla forma più allungata alto circa 20 m e l’altro più basso e tozzo alto circa 10 m, raffigurerebbero il sesso maschile e femminile. A nord-est si erigono altri megalitici alti circa 30 m, due di questi presentano un profilo umano, uno maschile e l’altro femminile posto a forma di donna in preghiera, quest’ultimo proprio per la sua forma viene denominata l’Orante.
Un altro megalite molto particolare è formato da un cumulo di pietre poste a formare un rapace con le ali spiegate e la testa rivolta verso sud.
L’erosione svolta dalla forza della natura rende difficile il lavoro degli archeologi e degli altri studiosi, la domanda centrale che tutti si pongono è: “ Questi megaliti sono opera dell’uomo?”, se così fosse la data della loro costruzione è da porre a 10000 anni fa, almeno questo secondo alcuni, però non è stato trovato nessun oggetto che potrebbe fornire la vera data del giacimento.
I gruppi di pietra più grande, secondo il mio parere sono da ritenersi di origine naturale, ma i menhir, l’Orante e l’aquila sono certamente di produzione umana.
Sia il monolite (menhir) che rappresenta il sesso maschile che l’accumulo di pietre che raffigura il rapace sono rivolti esattamente ad est-ovest, quindi disponendosi con le spalle rivolte al menhir e rivolgendo lo sguardo verso l’aquila si può assistere al sorgere del sole durante gli equinozi, quindi durante la primavera e l’autunno. Viceversa, disponendosi con le spalle di fronte all’aquila e guardando il menhir si può osservare il sole tramontare ad ovest nei stessi giorni. Vicino al menhir, quindi tra questo e l’aquila, si trova una roccia particolare che segna il punto di arrivo dell’ombra del menhir stesso sempre durante gli equinozi. Inoltre questa pietra si trova al centro rispetto a tutti gli altri megaliti e potrebbe rappresentare un punto fondamentale per le osservazioni astronomiche.
L’intero sito potrebbe essere collegato ad un particolare culto legato alla fertilità o potrebbe avere dei punti in comune con alcune costellazioni ben specifiche del nostro firmamento, caso molto comune per alcuni siti preistorici.
Questo sito come altri monumenti siciliani, sono lasciati in balia delle intemperie e ai pastori che smantellano pezzo dopo mezzo necropoli lì vicine per ricavarne del materiale necessario per le loro costruzioni. Pezzi di storia importante per l’uomo ogni giorno vengono persi e spesso si tratta di informazioni mai più reperibili perché uniche nel loro genere.





(foto: la prima immagine mostra l'accumulo di pietra poste a formare un rapace, nella seconda immagine è possibile identificare sul lato destro una donna in preghiera, la terza foto mostra l'agglomerato roccioso, la quarta immagine riprende i due menhir di sesso maschile e femminile, l'ultima immagine riprende un profilo umano. le foto sono state trovate su questo sito)

giovedì 10 dicembre 2009

Giappone, la Piramide sommersa di Yonaguni

Pomeriggio, sera o mattina per me è sempre l’ora adatta per bere dell’ottimo tè.
Oggi ero davanti alla mia libreria con la tazza in mano e tra un sorso e l’altro di tè osservavo la mia catasta di libri, rimpiangendo di non aver mai provato il famose te verde giapponese, matcha. Ho un amore sconfinato per la cultura giapponese e in questi ultimi anni ha superato con grande distacco l’amore che provavo per l’Egitto.
Pensando al Giappone mi sono accorta che nessuno dei libri in mio possesso parlava del paese del Sol Levante, mi sono sorpresa eppure è una civiltà che mi affascina molto. Per noi occidentali è difficile reperire qualche notizia sul mondo archeologico del Giappone, pochi libri vengono tradotti in italiano e la maggior parte delle pubblicazioni viene redatta in russo o tedesco.
Ho cercato fra i miei libri rinchiusi in cantina, nessuna traccia del Giappone, così mi sono ripromessa di regalarmi un libro per natale sulla storia del Giappone, sempre se nelle librerie riesco a trovare alcuni testi attendibili.
Malgrado ciò sono riuscita ad avere, tramite alcune amicizie, delle notizie sull’archeologia Giapponese. Una scoperta molto importante è stata effettuata durante gli scavi avvenuti qualche estate fa. La scoperta è stata effettuata al largo del Giappone, l’agglomerato si sviluppa per poco più di 500 km, si tratta dei resti di un’antica città o di un certo numero di siti strettamente correlati. Nelle acque intorno a Okinawa e intorno all’isola di Yonaguni, alcuni archeologi subacquei avevano già individuato otto siti nel marzo del lontano 1995, ma questo si rivelò un banco di coralli che la natura aveva fatto nascere a forma di giacimenti urbani. Poi, nel 1996 un subacqueo sportivo scoprì per caso un’enorme piattaforma angolare di circa 40 m a sud-ovest di Okinawa. Per le caratteristiche del ritrovamento non c’erano dubbi, si trattava di un sito archeologico, le ricerche furono avviate e squadre di archeologi trovarono a pochi metri altri monumenti, per poi trovarne un altro e un altro ancora. Il sito nascosto dalle acque marine si presentava come una vera città urbanizzata con: strade, piccoli vialetti, maestose scalinate, portici di grande manifattura con architettura lineare e sobri. Alla vista degli archeologi si presentava un quadro mai visto prima in quella civiltà. La scoperta era così sensazionale che sia gli archeologi che gli appassionati di archeologia lavorarono insieme per dare vita e luce a questo nuovo ritrovamento.
Nel mese di settembre non lontano dalla riva dell’isola di Yonaguni, a quasi 400 km aerei da Okinawa, fu trovata una gigantesca struttura piramidale a quasi 100 metri di profondità. La struttura misurava 240 piedi di lunghezza (73,152 m)
Questa eccezionale scoperta non ha destato né stupore né meraviglia fra il pubblico Italiano, Americano, tedesco etc., anche perché quasi nessuno ha mai saputo di questa scoperta, fino a quando una nota rivista americana ha dato la notizia la primavera successiva. Da allora un ulteriore coperta di silenzio è calata sul ritrovamento. Perché? Perché il mondo dell’archeologia ha preferito non sapere e tacere su questo ritrovamento?
Alcuni sostengo che la struttura piramidale sia molto più antica delle piramidi egizie e questo potrebbe in parte spiegare il perché di tanto silenzio. Studiando archeologia mi sono accorta che è difficile screditare alcuni archeologi che ormai hanno una fama ben consolidata ed è soprattutto difficile elaborare nuove teorie sull’origine dell’uomo senza che (alcuni) questi creino attorno a te un vuoto senza precedenti.

Si pensa che la piramide ( meglio dire la parete della piramide) abbia il doppio degli anni delle piramidi d’Egitto, se ciò fosse vero la storia dell’uomo e della sua evoluzione è tutta da riscrivere e cererebbe uno scompiglio abissale nel mondo archeologico. Ricordo che una cosa simile successe per un ritrovamento al largo dell’India, si parlava del ritrovamento di una città sommersa di 12.000 anni, una città architettonicamente perfetta. Da allora non si ebbe più nessuna notizia. Perché alcuni studiosi permettono che ci sia il vuoto attorno ad alcuni ritrovamenti? Da quasi studiosa purtroppo non so rispondere.
Alcuni studiosi pensano che la struttura sia di origine naturale, ma molti altri non condividono questa teoria. A confermare gli studi di questi ultimi è il ritrovamento di una strada attorno alla piramide e l’assenza di detriti di erosione. Accanto alla parete della piramide a gradoni sono state trovate delle piccole strutture a forme di ziggurat sono alte circa 2 m e larghe 10.
É ancora troppo presto per sapere chi furono gli artefici di questa costruzione, forse fu un edificio con scopo religioso o per celebrare una divinità simile al dio Nirai-Kanai, personaggio centrale nel pantheon giapponese. Questo ritrovamento potrebbe essere la prova dell’esistenza di una nuova cultura, anche perché non ci sono notizie di popolazioni così evolute da poter creare 10.000 anni fa una costruzione così poderosa. Probabilmente era una popolazione proveniente dal continente asiatico dove la civiltà antica ebbe origine. Secondo alcuni studiosi la struttura circostante risalirebbe almeno all’8000- 10000 a.C., alla fine dell’era glaciale.
La civiltà giapponese neolitica sorge nel 9000 a.C., era una popolazione che praticava la caccia e la raccolta del cibo, se tale ritrovamento fosse una vera piramide di origina umana e non naturale databile a 10000 anni fa cambierebbe la storia dell’origine dell’uomo, i libri dovrebbero essere riscritti e il caos piomberebbe nelle teorie ormai consolidate nel mondo dell’archeologia. Tale affermazione metterebbe la cultura antica del Giappone allo stesso livello di quella mesopotamica.
Molti testi antichi parlano di civiltà sommerse, un esempio tangibile sono Atlantide e Mu. Ciò che accomuna queste isole e il modo in cui la loro civiltà fu portata alla fine. Ogni cultura dell’antichità, a mio avviso, ha all’interno del proprio repertorio mitologico un diluvio universale e la perdita di territori a causa di grandi inondazioni. Con un po’ di fantasia si possono creare decine di teorie quasi attendibili.
Nuovi ritrovamenti ritorneranno alla luce e nuove teorie dovranno essere elaborate. L’uomo riuscirà un giorno a conoscere la data di origine della sua civiltà?
Ricordate, il passato poche volte non vuole essere riscoperto.

(foto: le prime tre immagini riprendono varie parti del giacimento, l'ultima è una ripresa satellitare della zona archeologica interessata by Santha Faiia, Kihachiro Aratake, John Chandler)

lunedì 7 dicembre 2009

Anche gli antichi soffrivano, più di noi, di Stress

Una malattia comune del nostro secolo è lo stress, qualsiasi studioso ha classificato questo nuovo male come una malattia ormai diffusa e patologica. Eppure l’uomo moderno ha a disposizione qualsiasi cosa possa desiderare, può comodamente soddisfare con pochi sforzi i propri bisogni primari e spesso i propri desideri, possediamo un comodo giaciglio su cui riposare, siamo in grado di creare in una stanza la temperatura adatta per il nostro corpo, con un semplice click possiamo avere anche il cibo e la spesa quotidiana a casa. Malgrado ciò, l’uomo rimpiange i tempi ormai andati, quelli dedicati all’agricoltura e alla vita a contatto con la natura dove, magari il problema “traffico urbano” non esisteva.
Ma è errato pensare che la vita degli antichi fosse gioiosa e semplice, nuovi studi hanno costatano che anche nelle antiche comunità era possibile riscontrare gravi casi di stress.
Studiando le mummie degli antichi peruviani, gli studiosi hanno trovato alti livelli dell’ormone dello stress depositato nei capelli, sono livelli di gran lunga superiori a quelli che oggi un comune essere umano moderno possiede.
Alcune indagini, scansionando le mummie egizie, hanno suggerito che soffrivano di una grave aterosclerosi un indurimento delle arterie che avrebbe provocato ictus e attacchi cardiaci. Questa patologia, secondo gli studiosi, può essere provocata dallo stress e forse fu un problema molto comune nella terra nera (così la fascia fertile viene chiamata) dei faraoni. Le analisi hanno anche portato alla luce un alto grado di colesterolo, sintomo anche di possibile stress fra gli antichi .
Gli studiosi hanno elaborato le informazioni provenienti da 10 mummie diverse, stanziate in varie zone del Perù, scoprendo che negli anni o nei mesi precedenti la morte, questi poveri individui erano talmente stressati da strapparsi letteralmente i capelli.
Perché gli antichi soffrivano di stress? Beh, si può dare una risposta lapalissiana (ovvia): difficoltà di reperire il cibo, vivere in condizioni climatiche estreme per il corpo, cercare di aggrapparsi alla vita con ogni mezzo possibile, siccità, malattie incurabili per l’epoca, continue guerre per la conquista del territorio, sottostare ad un regime non democratico, etc.
Dai dati venuti fuori dalle analisi delle mummie, si può affermare con certezza che il grado di stress presso gli antichi fosse molto più grave rispetto a quello riscontrato nella nostra epoca.
La nostra società per la maggior parte di noi funge da cuscinetto, soddisfa alcuni bisogni essenziali (purtroppo a volte neanche quelli riesce a soddisfare) e allontana da noi lo stress, questo non succedeva nelle epoche antiche.
Le tac fatte ad alcune mummie egiziane hanno dimostrato come lo stress e le “malattie” derivanti, siano stati tipici delle classi dominanti dell’antico Egitto, su 16 mummie scelte fra personaggi in vista della società egizia: sacerdoti, aristocratici, famiglia reale, 9 soffrivano di aterosclerosi, ciò potrebbe anche derivare dal mancato esercizio fisico e dalla cattiva alimentazione. Forse queste sono le prime testimonianze di stress lavorativo??
Uno fra i casi peggiori è quello riscontrato nella mummia di Rai, una balia della regina Nefertiti. Morì intorno al 1530 a.C., aveva un’età compresa tra i 30 e i 40 anni.
Grazie ai nuovi studi antropologici e le ricostruzioni degli archeologi è possibile capire come le comunità antichi potessero vivere, il loro grado di salute e il modo di risolvere questi problemi. Le informazioni derivati dai nuovi studi, sono utili per ricostruire il quadro sociale, culturale e biologico di un’epoca ben precisa, questo ci permette di avere e sentire un po’ più vicino uomini morti centinaia e migliaia di anni fa.

(foto: mummia di una donna appartenente al gruppo dei Chachapoya – Perù, vissuta più di 600 anni fa.)

Approfondimenti: la comunità dei Chachapoya ( gente delle nuvole) così chiamati dagli Incas per la loro alta statura, probabilmente provenivano dall’Europa, ciò è confermato dal loro aspetto: statura alta, carnagione chiara e capelli molto chiari. Molti studi sono stati eseguiti sulla mummia della donna posta sull’immagine. Alcuni studiosi pensano che l’espressione della mummia sia dovuta ad un forte dolore fisico o psichico percepito prima della morte. Secondo me è impossibile che il viso sia rimasto nella stessa posizione assunta prima della morte forse, essendo sepolta in un ambiente molto secco l’apparato boccale si è ritirato contorcendo l’intero viso ( tesi sostenuta anche da alcuni studiosi).

giovedì 3 dicembre 2009

Enheduanna, la prima poetessa

Avevo tra le mani in questi giorni un libro di poesie, sfogliandolo una domanda è sorta: “ Chi fu il primo autore di scritti in versi?”.
Il primo autore di scritti in versi fu una donna dell’antica Mesopotamia, il suo nome fu Enkheduanna o Enheduanna . Enheduanna, secondo le iscrizioni poste dietro ad un disco di alabastro, era la figlia del re Sargon di Akkad e visse circa tra il 2285 e il 2250 a.C.
Oltre ad essere una reale, la principessa era la somma sacerdotessa di Inanna (con il tempio situato nella città più importante dell’epoca, Ur), la dea della luna ed è proprio a lei che Enheduanna dedica i suoi versi. L’inno più famoso dedicato alla dea fu il Nin-me-sar-ra (L’inno a Inanna) e secondo quanto scritto sui ritrovamenti, il canto scritto dalla principessa fu accettato dalla dea che in cambio portò alla vittoria il popolo sumerico ben nove volte contro gli accadici. Il testo fu ritenuto quasi sacro al tal punto che 500 anni dopo fu usato dagli studenti per imparare l’arte dello scriba.
Enkheduanna fu la prima, fra tutti gli scrittori, a elaborare uno scritto in prima persona, infatti i suoi inni celebrano il suo rapporto personale con la dea Inanna.
Gli inni dedicati alla dea sono tre. Nel primo Inanna viene presentata dalla principessa come una guerriera con possente forza che distrugge una montagna malgrado gli altri dei non erano disposti a prestare il loro aiuto. Il secondo contiene 30 strofe, celebra il ruolo della dea nella vita dell’uomo come: protettrice della case, dei bambini e della famiglia. Nel terzo Enheduanna cerca l’aiuto della dea per riconquistare il ruolo di somma sacerdotessa, usurpato da un sacerdote di sesso maschile.
Enheduanna scrisse altri 53 inni dedicati alla dea della luna e ad altre divinità del pantheon sumerico.
Quello che possediamo noi sono tavolette che copiano il lavoro letterario della principessa, ma sono molto utili perché senza queste testimonianze la memoria di Enheduanna come sacerdotessa-scrittrice sarebbe rimasta tra le coperte dell’oblio.


(foto: rilievo raffigurante Inanna, altri studiosi pensano invece che sia Lilith)

Approfondimenti: Lilith è
il demone femminile delle disgrazie e della tempesta. Secondo la tradizione cabala fu la prima donna di Adamo e fu creata prima di Eva)

Scoperta a Cuma una tomba del II a.C. con pitture parietali raffigurante un banchetto

Un banchetto per l’eternità sulle pareti della tomba del II a.C. scoperta a Cuma Campi Flegrei scoperta Tomba del II a.C a Cuma. Ph: fa...