sabato 21 novembre 2009

Scoperto il più antico frammento di Scrittura Cuneiforme

Alcuni archeologi austriaci hanno portato alla luce il più antico frammento di scrittura cuneiforme. Stavolta la notizia non arriva dalla Mesopotamia come molti potrebbero sospettare, ma dall’Egitto. Da un po’ di anni Egitto e Mesopotamia si contendono il primato di chi ha inventato la prima forma di scrittura. Malgrado il reperto sia stato trovato in Egitto, la scrittura inserita nel frammento, risale all’antico regno babilonese del re Hammurabi, famoso per aver creato il primo codice di leggi tra il 1792 e il 1750. La scoperta è stata fatta a Tel- El Daba, l’antica Avaris, a 120 Km dal Cairo. Il sigillo ritrovato è uguale ad un altro reperto rinvenuto tempo fa ed apparteneva al re degli Hyksos, Khayan, che governò in Egitto tra il 1653 e il 1614 a.C. Come è finito un frammento di scrittura cuneiforme babilonese in Egitto? Il mistero è presto svelato, gli Hyksos intrattenevano stretti rapporti con il Medio Oriente e soprattutto con la Mesopotamia Meridionale. Ancora una volta l’ago della bilancia, pende per il popolo Mesopotamico, attribuendo a loro l’invenzione della scrittura. Nuove scoperte attendono gli studiosi, quel che oggi è ritenuto valido domani potrebbe essere invalidato.


(foto: frammento di argilla casualmento cotta con caratteri sumeri cuneiformi)

giovedì 19 novembre 2009

Quanto c'entrano i Druidi con Stonehenge?

In questo periodo sono alla ricerca di calma, fra poco avrò un esame e quindi ho bisogno di raccogliere attorno a me un’atmosfera molto rilassante. Cerco la pace nella musica tradizionale cinese e giapponese, in quella classica. Oggi però ho deciso di ascoltare musica anglosassone tradizionale, con i tipici strumenti di cui non sto qui a spiegarvi perché le mie conoscenze non sono appropriate per affrontare un argomento oblungo.
Tra un momento di languore e l’altro, mi sono persa a riflettere sul mondo anglosassone fino a sostare i miei pensieri sulla figura del Druido nell’area di Stonehenge.
Il druido è una figura legata ai culti anglosassoni, antica poco più di due mila anni. Le prime notizie storiografiche provengono dal famoso “De bello Gallico” di Cesare scritto nel primo secolo a.C.
Il Druismo per alcuni aspetti va di pari passo con l’induismo, è basato su un credo panteistico molto vasto. Furono adorati più di 400 divinità e i druidi cercarono di diffonderle in molte aree a loro conosciute. Si sa ben poco delle pratiche religiose all’interno di questa “setta”, ciò che gli studiosi hanno capito era il forte contatto tra il druismo e la natura circostante. È proprio nei boschi, a contatto con la natura che il druismo veniva praticato in forma molto riservata e segreta. Cesare ci racconta che dovevano passare 20 anni prima che un apprendista divenisse druido.
Un druido non era solo un sacerdote, ma anche: un consigliere, un curatore, un saggio, un filosofo, uno scienziato.
I druidi erano divisi in caste, con diversi gradi di importanza. I Druidi, ministri addetti al culto e ai sacrifici definiti dai greci i filosofi, i Cantori e Poeti che narravano i miti e la storia della loro civiltà e infine gli Indovini, occupavano il loro tempo a cercare nuove erbe che alleviassero le pene degli uomini. Si ha anche notizia di sacerdotesse, ma poco si sa sulla loro posizione all’interno di questa gerarchia.
A mio avviso, la mancanza di notizie è dovuta al fatto che il culto non possedeva una tradizione scritta, ma orale. La mancanza di fonti scritte ha causato la perdita di informazioni essenziali per capire e approfondire questa pratica mistica.
Una prassi molto discussa dagli studiosi raccontataci da Tacito, un famoso storico del primo secolo d.C., era il sacrificio umano il cui sangue irrorava molto spesso gli altari sacri. I romani cercarono in ogni modo di sopprimere questa pratica religiosa ritenuta barbara, ma fu anche un modo per sradicare il nazionalismo dagli animi dei seguaci del druismo.
Oggi il druismo è visto dai nuovi seguaci sotto una luce positiva, la nuova pratica cultuale ha concetti base come: l’amore, la pace, lo spirito e soprattutto è divenuta una pratica che ha stretti rapporti con il mondo naturale e con gli spiriti che la proteggono. Il druismo nel ventesimo secolo è rinato sotto una nuova veste e molto persone nell’area inglese e americana si inoltrano verso questo nuovo cammino che li ricongiungerà con il mondo naturale.
Nel XVII secolo molti studiosi erano convinti che i druidi fossero i costruttori di Stonehenge, così il sito divenne presto il centro del culto druico del periodo, fu luogo di pellegrinaggio durante gli equinozi e i solstizi. I pellegrini e le feste si susseguirono fino a quando due pietre, nel 1900, caddero e l’area fu recintata e fu posta una tassa di ingresso.
La teoria elaborata erroneamente nel XVII secolo ha creato un modo differente di vedere e studiare il mondo dei druidi, fino ad oggi nessuna notizia ci conferma che Stonehenge fosse un luogo di culto druico.


(Foto: rituale in onore del sole, Yule)

Approfondimenti: Yule era una festa del solstizio d'inverno, una degli otto sabbat, praticata il 21 dicembre nell'emisfero nord, il 21 giugno nell'emisfero sud. Si commemorava la morte del re Agrifoglio che simboleggiava l'anno passato. Il re Agrifoglio fu ucciso da quello che divenne il successivo sovrano, re Quercia che simboleggiava l'anno nuovo.
Nell'antica Roma invece si celebrava la nascita del dio Sole, i cristiani celebravano e celebrano ancora oggi la nascita di Cristo.
La foto inserita riprende la ruota che erroneamente proviene dal significato della parola Yole, appunto ruota. Ma secondo i linguisti il termine proviene da Jul, dio pagano e la stessa parola viene identifica anche con la parola Natale.
Durante questo periodo vi era il sacrificio di un maiale, rimasta ancora nella tradizione natalizia scandinava.

martedì 17 novembre 2009

Il processo di Mummificazione presso gli egizi

Oggi avevo tra le mani delle foto scattate in un museo egizio, ho iniziato a pensare il perché questo popolo riesce ad affascinare gran parte della popolazione mondiale. Non esiste un/a collega universitario/a che risponda “no” alla domanda: “ti affascina l’Egitto?”. In un sondaggio che feci nel mese di settembre, chiedevo quale cultura fosse per noi più affascinante, l’Egitto ha vinto, con un bel distacco dalle altre culture.
Forse ciò che conquista l’uomo è il mistero che si respira parlando di questa civiltà o perché uno dei più grandi tesori economici è egizio o ancora perché dall’Egitto arrivano ogni istante notizie di nuovi ritrovamenti.
A molti affascina il perché e il come le piramidi siano state costruite ( non sono le uniche, le piramidi sono sparse in tutto il mondo e in molte località dell’Italia), ad altri i tesori che il deserto nasconde ad altri ancora affascina il processo di mummificazione.
Gli egizi cercarono sin dalla loro origine un modo per mantenere il loro corpo per l’eternità come se fosse vivo.
Quando si va a visitare un museo egizio spesso la curiosità è più forte quando gli occhi si avvicinano alle mummie. Personalmente non provo ribrezzo forse perché amo l’archeologia in tutte le sue forme, ma ciò che mi colpisce è la perfezione di quelle mummie. Non è un concetto di perfezione legato alla bellezza, ovvio, ma è una perfezione riferita allo scopo perseguito dagli antichi egizi. Hanno cercato di conservare i loro corpi più a lungo possibile, ci sono riusciti e in questo hanno raggiunto la perfezione.
Quando si osserva una mummia, chi è di facile suggestione non deve pensare cosa era prima, ma cosa rappresenta quel corpo posto in quella teca. Una mummia rappresenta l’eternità di una civiltà scomparsa ma ancora viva nei libri di storia, rappresenta la perfezione della mente umana, rappresenta il disperato tentativo di mantenere il proprio corpo eterno.
Noi, uomini moderni, possediamo tantissimi indizi circa le procedure di imbalsamazione, ma anche possediamo tantissime carenze su come gli egizi siano riusciti a far durare quasi in eterno quei corpi.
Nel 1994 l’egittologo Bob Brier tentò il processo di mummificazione e se non ricordo male il cadavere era quello di un anziano signore che aveva ceduto il suo corpo alla scienza, in quell’occasione lo studioso affermò che tale tecnica era decisamente difficoltosa e lunga.
Il primo passo fondamentale era la purificazione del corpo del defunto che doveva raggiungere l’aldilà. Il corpo doveva essere meticolosamente “lavato” con spezie e vino a base di datteri, successivamente veniva risciacquato con l’acqua del Nilo. Seguiva un’incisione sul corpo per asportare fegato, polmoni e intestino.
Una fase molto delicate era quella della disidratazione, ciò veniva eseguito con il Natron (carbonato idrato di sodio - Na2CO3•10(H2O)), facilmente reperibile nei letti dei laghi asciutti nella zona di Wadi el-Natrun. Gli egizi usavano grandi quantità di Natron durante l’imbalsamazione ed era un ingrediente essenziale per sviluppare questa pratica. Il corpo veniva completamente immerso nel sale, questo avvierà una modifica al corpo, infatti disidratandolo lo rendeva coriaceo. Il defunto veniva posto su di un piano inclinato in modo da far scivolare via ogni residuo di liquido corporeo. Una domanda a cui gli studiosi non hanno dato certa risposta è: Quanto tempo il corpo doveva rimanere sepolto dal natron? Brier lasciò il corpo dell’anziano signore per 35 giorni, alcuni sostengono che gli egizi lasciavano agire il Natron con il corpo almeno 40 giorni. Io penso che siano un po’ eccessivi, infatti bisogna tenere conto del clima caldo e asciutto dell’Egitto e soprattutto la corporatura dell’uomo moderno che non è certo uguale a quella di un uomo vissuto più di due mila anni fa.
Un’altra fase importante era il Trattamento degli Organi. Singolarmente ogni organo veniva fatto essiccare con il natron, successivamente venivano coperti da un lenzuolo di lino e custoditi nei Vasi Canopi. Questi vasi avevano il coperchio con una testa a forma del dio che avrebbe provveduto a proteggerli : Imsety aveva un aspetto umano, Hapy era un babbuino, Duamutef uno sciacallo e Kebehsenuef un falco. In un periodo più tardo gli organi non furono più deposti in appositi contenitori, ma all’interno del corpo del defunto. L’unico organo che veniva lasciato all’interno del corpo era il Cuore, esso era per gli antichi egizi il luogo dove risiedeva la conoscenza, necessaria per la vita ultraterrena.
Ciò che invece aveva poca importanza era il cervello, che veniva asportato con un uncino dal naso, però prima veniva fatto a poltiglia.
Dopo che il periodo di disidratazione era passato, era necessaria una seconda pulizia del corpo sia interna che esterna e ciò veniva eseguito con spezie e oli. Questi impediva alla pelle di essere troppo secca e quindi di facilitare successivamente la bendatura.
Un altro passo fondamentale era quello di dare al corpo il gonfiore dato dalla vita e ciò avveniva tramite “l’impagliatura” con segature e foglie. In questa fase il corpo poteva essere ricoperto da alcuni gioielli in base al grado di ricchezza.
La fase della bendatura era quella che richiedeva più tempo ed era anche quella più delicata, a volte era necessaria una settimana per avvolgere completamente il corpo del defunto. Venivano utilizzate lunghe e sottili strisce di lino e si procedeva a bendare dapprima la testa e il collo, poi le dita delle mani e dei piedi e successivamente gambe, braccia e tronco. Prima di bendare le mani, al defunto veniva posto sui palmi alcuni tratti del Libro dei Morti, utili per avere alcuni consigli per oltrepassare gli ostacoli dell’aldilà. Le strisce tra loro erano incollate da una speciale resina, inoltre gli egiziani ponevano fra una benda e l’altra degli Amuleti portafortuna per augurare al Ka, lo spirito della mummia, di terminare velocemente il suo viaggio irto di ostacoli.
A questo punto il processo di mummificazione era terminato.
Poteva succedere che quando il corpo e lo spirito si incontravano nuovamente nell’aldilà, i due non riuscivano a riconoscersi, così prima della sepoltura sul corpo veniva posta una Maschera Funeraria con il ritratto del volto del defunto. Il corpo venivano posto in una cassa di legno e a sua volta la cassa di legno veniva posta in un’altra, come il meccanismo delle matriosche, fino ad arrivare ad un sarcofago in pietra ornamentale.
Il sarcofago veniva depositato nella tomba e con lui anche mobili, cibo, statuette di servi, tutto il necessario per condurre nell’aldilà una vita come quella terrena.
Lo stesso procedimento non avveniva solo per gli esseri umani appartenenti alle caste sociali più alte, ma anche ad animali sacri, pesci e tutto quello che per un egizio poteva essere ritenuto sacro e divino.

venerdì 13 novembre 2009

Tin Huan, inventore del primo ventilatore e del primo cartone animato

Ormai le giornate calde sono state scavalcate da freddi “venticcioli” quasi invernali, l’aria diventa sempre più gelida e da tempo i nostri ventilatori e condizionatori sono stati spenti.
Anche in passato il caldo era patito e così intorno al 180 d.C. nell’antica Cina, un inventore di nome Tin Huan, vissuto durante la dinastia Han, mosso dalla voglia di alleggerire le “sofferenze” dei suoi sovrani inventò un ventilatore meccanico azionato dalla forza delle braccia di servi.
Il ventilatore era formato da sette ruote di 10 metri di diametro, erano collegati una all’altra e grazie alla forza servile creava una corrente di aria fresca. Però non è chiaro se il ventilatore fu utilizzato come refrigerio per i propri sovrani oppure per eliminare loglio (pianta erbacea) dal grano. Durante il periodo Han furono usati appunto per questo ultimo scopo, il grano veniva lanciato verso l’alto, il ventilatore veniva azionato e il turbine di aria creato allontanava loglio dal grano.
Tin Huan fu il primo inventore anche dei primordiali cartoni animati, infatti il primo Zootropio, un dispositivo cilindrico dove venivano inserite una serie di immagini riprese in diversi movimenti, questo marchingegno fatto ruotare, dava vita all’immagine in movimento.
Il passato è importante per noi uomini moderni, sopratutto perché può insegnarci a non sottovalutare l’ingegnosità degli uomini antichi.


(foto: riproduzione di uno Zootropio di impronta veneziana by wiki)

giovedì 12 novembre 2009

La Donna nell'antico Egitto

Le condizioni della donna all’interno della società antica erano differenti a secondo delle differenti società, dalle differenti tradizioni e soprattutto dai differenti credi religiosi.
Una religione con a capo una divinità maschile suggerisce una società patriarcale, dove la donna non aveva pieni poteri, dal possesso paterno passava al possesso coniugale. Un esempio di ciò è possibile intravederlo nella società dell’antica Grecia, dove dio indiscusso era Zeus, lui rispecchiava per alcuni aspetti l’uomo ellenistico, invece la donna aveva un ruolo molto marginale nella società e nelle poleis stesse.
Ciò però non accadeva nell’antico Egitto. Le donne egiziane rispetto alle altre donne contemporanee, vivevano in una situazione privilegiata. I diritti della donna egizia erano al pari, per alcuni aspetti, all’uomo. Poteva regnare come un faraone, ereditare come un uomo, intentare cause, vendere i propri possedimenti e perfino divorziare e avere un successivo marito.
Nel pantheon egizio troviamo molte divinità femminili molto più potenti di alcune divinità maschili( un esempio di ciò è Iside) e proprio la religione egiziana, a mio avviso, rispecchia la condizione della donna nella società.
La differenza tra condizione della donna in Egitto e in Grecia può anche essere testimoniato dal fatto che nel primo Paese figura e istituzione centrale era il Faraone visto come la personificazione dell’Egitto, in Grecia invece l’unità centrale dell’organizzazione sociale era la famiglia piuttosto che un io individuale, rendendo il capofamiglia il portavoce di tutto ciò che accadeva in casa.
Il matrimonio in Egitto non aveva vincoli sacri o particolari vincoli di appartenenza ad un uomo, infatti era una semplice trasferimento dell’uomo o della donna o di entrambi in un’abitazione dove la vita quotidiana veniva svolta insieme.
Un divorzio avveniva semplicemente con un ritorno, da parte della donna, nella casa dei genitori e la dote donata durante le nozze veniva restituita.
Una donna appartenente alla comunità popolare egizia doveva mantenere anche lei la famiglia, curare la prole, provvedere a preparare il cibo quotidiano e ad ampliare il numero della famiglia.
Le donne potevano improvvisarsi commercianti, in quanto nell’antico Egitto non esisteva una forma monetaria ma ancora il sistema del baratto, quindi la donna poteva barattare ciò che cresceva nel proprio orto con altri prodotti di prima necessità.
Ma non tutto era così limpido infatti, malgrado non esistesse una differenza di fronte alla legge tra uomo e donna, i guadagni di quest’ultima erano limitati alla cerchia del proprio focolare. Poteva amministrare i beni del marito, ma un vedova non poteva sfruttare i propri beni e arricchirsi con essi, infatti l’unica soluzione per fare ciò, era risposarsi o essere aiutata da un parente appartenente all’altro sesso. Le donne trovarono una via di uscita a questa situazione cercando un guadagno nel ramo tessile, è grazie a loro se gli antichi egizi giravano vestiti!
Anche se raramente, una donna egizia poteva intraprendere la professione medica, alcune fonti ci tramandano la notizia di una prima donna medico proveniente dall’Egitto.
Nella società egizia solo una piccola percentuale della popolazione era alfabetizzata, ed erano certamente gli scribi e gli appartenenti ad alcune caste sociali, fra questa piccola percentuale figurano anche donne che intrapresero la carriera dello scriba.
Le donne giunsero sino al governo del Paese, anche se “l’ufficio faraonico” era prettamente maschile. Le donne faraone nella storia egizia furono sei: Nitocris, Sobekneferu , Ahhotep I la regina guerriera, Hatshepsut il faraone donna, Nefertiti la bella che viene, Cleopatra. Queste sei regine o meglio queste sei faraoni donne ebbero nelle proprie mani l’intero potere amministrativo, giuridico e tutto ciò che comportava la reggenza del Pese dalla Terra Nera.
Però il potere faraonico assunto dalle donne non era concesso dalle divinità e quindi si cercava di legalizzarlo recandosi presso gli oracoli avendo così una legalizzazione divina. Questo perché la donna era un essere umano invece il faraone era l'incarnazione della divinità e quindi non necessitava di una legalizzazione divina del potere. Infatti secondo il credo egizio il dio si univa con l’umana per generare una prole che racchiude in se l’incarnazione divina ( meccanismo simile al cristianesimo), la prole a sua volta divenuti faraone in terra, trasmettevano, sempre tramite una donna umana, il potere divino ai successori eredi.


(foto: statua di Hatshepsut By User:Postdlf /wiki)

lunedì 9 novembre 2009

La Danza nell'antico Egitto

La danza fra i popoli antichi è stata una forma di intrattenimento sempre posta all’inizio dell’educazione sociale delle giovani fanciulle. Non era solo un modo per trattenere i potenti, ma anche esprimere una condizione di gioia e prosperità dell’impero. La danza veniva anche praticata durante un rito funebre o durante celebrazioni sacre.
Fra i popoli orientali la danza è un elemento fondamentale delle corti antiche. Ma poco si sa sulla sua origine e poco si sa sulle tecniche utilizzate, anche se la danza del ventre non doveva essere molto dissimile da quella praticata oggi.
È difficile ricostruire il ritmo del ballo antico perché è difficile ricostruire il suono di uno strumento anche se, poco tempo fa gli studiosi, grazie a sofisticati software sono riusciti a riprodurre e dopo realizzare dal vivo, il suono dell’epigonion greco e del lituus.
La danza presso le corti egizie doveva svolgersi in modo spettacolare, era carica di movimenti sinuosi e acrobatici, almeno questo è quello che ci viene suggerito dagli affreschi trovati nelle tombe.
Al tempo degli egizi la danzatrice era una figura professionale, ed esistevano delle vere e proprie scuole in cui le donne sin dalla loro tenera età venivano inoltrate a questa forma d’arte. Ma le danzatrici professioniste appartenevano anche a società erranti che si esibivano periodicamente in città differenti
Secondo gli affreschi trovate sulle pareti funerarie la danza veniva praticata con il corpo privo di vesti e solo una cinghia di cuoio adornava la vita. Le danzatrici indossavano le tipiche parrucche egizie, alla fine di ogni ciocca vi era un pendente di metallo prezioso e non, il tintinnio dei pendenti si aggiungeva al ritmo del corpo delle danzatrici creando un’atmosfera di rilassatezza e serenità.

(foto: affresco su una parete della tomba di Nebanum)

venerdì 6 novembre 2009

Il Tesoro del Regno dei Mercia

Lo scorso settembre, verso la fine del mese, fu scoperto in Inghilterra un tesoro di inestimabile valore. La notizia ha fatto il giro del mondo attirando la curiosità di chiunque stesse ascoltando la notizia.
il tesoro è stato identificato da alcuni come il più grande e prezioso di tutta la storia dell’umanità, superando persino il valore del ritrovamento della tomba di Tutankhamon.
A mio avviso queste sono parole di chi non vive l’archeologia. Un tesoro archeologico non può essere definito tale solamente per il materiale con cui viene riprodotto, ma ciò che rende un reperto archeologico come un tesoro è la sua unicità all’interno del suo contesto storico e archeologico e sopratutto il rinnovamento che porta sul campo scientifico.
Ciò che è stato trovato in Inghilterra, ha un valore inestimabile per ciò che rappresenta all’interno di una certa società appartenente al passato, ovviamente anche per il materiale di cui è costituito, ma non si può identificare come il maggior tesoro archeologico in assoluto.
Il ritrovamento è costituito da 1500 pezzi appartenenti al VII secolo e sono lo specchio della ricchezza del Regno dei Mercia ( una delle sette tribù anglosassoni).
Molti oggetti destano la curiosità degli studiosi, tra cui una croce in oro (foto: cerchio rosso). La croce è danneggiata, infatti è piegata su se stessa. Si pensa che tale deturpamento non fu fatto volutamente, ma fu una conseguenza del modo in cui furono accatastati gli oggetti. La condizione della croce suggerisce che fosse stata schiacciata anche perché fu sepolta. Sicuramente tale atto fu fatto da pagani in quanto, per un cristiano la croce è un simbolo sacro.
Un altro reperto molto curioso è una cintura (foto: cerchio blu) sempre in oro, su entrambi i lati furono incisi versetti della Bibbia. La chiusura della cinta è adornata da una testa di animale. Il tipo di incisione fa capire agli studiosi che chi incise l’opera doveva essere abituato ad operare su tavolette di cera.
I reperti saranno oggetto di studio ancora per molto tempo, però già il popolo inglese ha potuto apprezzare il ritrovamento messo in esposizione fino al 13 ottobre scorso.


(foto: parte del tesoro by Eddie Keogh, Reuters)

giovedì 5 novembre 2009

Acarnano

Oggi ritorniamo a compilare il Dizionario mitologico, una figura non molto conosciuta è Acarnano.
Fu figlio di Alcmeone e fratello di Anfotero con cui uccise Pronoo e Agenore, fratello di Arsione, che avevano a loro volta ucciso Alcmeone. Sposò Calliroe, alcune leggende la identificano come appartenente alle Oceanine, altre figlia del dio fluviale Acheloo, altre ancora come una fanciulla che doveva essere immolata a Dioniso per placare un’epidemia.
Acarnano colonizzò una regione che prese da lui il nome, Acarnania. Una tradizione antica indica Acarnano come pretendente di Ippodamia, un’ancella della famosa Penelope.


(immagine: cartina della Grecia con in evidenza la regione di Acarnania/ author Wikimedia Commons user Pitichinaccio)

martedì 3 novembre 2009

Il primo Dizionario

L’archeologia è una scienza molto antica, già gli antichi romani andavano a caccia di reperti ellenistici per abbellire le loro sontuose ville.
Fra i tanti reperti trovati qualcuno desta maggiore stupore e meraviglia, ma tutti sono preziosi per riscoprire la storia della nostra civiltà.
Cercando qua e la sui miei libri ho cercato di stilare una lista dei reperti più antichi: il primo dizionario, il primo codice legale, il primo tempio, etc. Ovviamente la mia non è una lista certa anche perché ogni giorno sorgono dalla terra o dalle profondità degli scantinati dei musei, nuove scoperte magari più antiche delle precedenti.
Poco tempo fa mi sono imbattuta in una notizia molto interessante, non so però a quale anno risale la scoperta. Il testo portava la notizia del più Antico Dizionario mai trovato, scritto in tavolette cuneiformi appartenente all’impero accadico (sumerico e accadico) scoperto ad Ebla (odierna Siria)
Denominato Urra=Hubullu, è un glossario babilonese del II millennio a.C. oggi custodito al museo del Louvre.
Il glossario si estende per 24 tavolette e il nome del glossario non è altro che il primo termine inserito nella lista: UR5-ra e ḫubullu (debito fruttifero).
Le tavolette 4 e 5 riportano termini legati ai trasporti terrestri e navali, le tavolette dalla 13 alla 15 contengono nomi di animali, la 16 liste di pietre, la 17 di piante e la 22 nomi di stelle.
La maggior parte delle tavolette sono state compilate nel periodo più antico della civiltà babilonese, quindi dall’inizio del II millennio a.C. fino alla fine del III millennio a.C.


(foto: Marie-Lan Nguyen/wiki)

Scoperta a Cuma una tomba del II a.C. con pitture parietali raffigurante un banchetto

Un banchetto per l’eternità sulle pareti della tomba del II a.C. scoperta a Cuma Campi Flegrei scoperta Tomba del II a.C a Cuma. Ph: fa...